Con il termine Indie si intende tutto quel genere indipendente, non solo riguardo la produzione musicale e gli sponsor, ma anche il tipo di sonorità proposto.
I migliori progetti Indie nascono da etichette autoprodotte, da piccole case discografiche che vivono prevalentemente di concerti dal vivo, manifestazioni e festival di nicchia.
Tutto questo raggruppa quella musica underground contrapposta al cosiddetto “mainstream”, la cultura di massa delle radio commerciali e delle grandi major.
Il termine Lo-Fi è ancora più sottile: in inglese rimanda al concetto di bassa fedeltà, una tipologia di produzione realizzata con mezzi più poveri rispetto a quelli attuali, soprattutto nella fase di registrazione. Questo concetto deriva sia da una reale mancanza di risorse ma anche da un atteggiamento consapevole che rifiuta il sistema delle major, per abbracciare delle forme di espressione libere e autogestite.
In sintesi, con le nuove contaminazioni Indie e Lo-Fi si intende quella musica da intenditori, di nicchia, spesso sofisticata e raffinata che si può ascoltare nei club, trasmessa dalle radio indipendenti, recuperabile nei vinili dei festival o nei negozi specializzati.
Sono sempre di più gli appassionati di questo genere di sonorità che spaziano dal folk al rock, al british pop, al rock glam, fino all’elettronica più sontuosa e al lirismo.
Abbiamo trattato tre nuovi album di fresca uscita che reputiamo tra i migliori sulla scena Indie e Lo-Fi, variando tra tre differenti sottogeneri, il grunge, il post punk da cantautore che sfocia nel lirismo ed infine il folk pop.

Album Mudhoney – Digital Garbage

albumSono passati 30 anni dall’uscita di “Touch me I’m sick”, il singolo di questa band di Seattle che dal 1988 cavalca il grunge.
I Mudhoney durante tutta la loro carriera hanno abbracciato una loro personale visione di rock sporco, ruvido, senza farsi influenzare nè dal carisma maledetto dei Nirvana, nè dai giochi visionari e psichedelici degli Alice in Chains e tanto meno dall’hard rock dei Soundgarden.
Durante 30 anni, i Mudhoney sono venuti a contatto con differenti sonorità, tra cui il post punk e la new wave, ma sono rimasti sempre fedeli alla loro concezione primordiale di rock da garage, quello fatto assieme, condiviso, quello di aggregazione, suonato negli scantinati e nei locali sotterranei di Seattle.
Si tratta di una band con una formazione quasi del tutto originaria che dopo il successo del disco “Vanishing Point” del 2013, è tornata in studio per incidere il nuovissimo “Digital Garbage” che suona come un ponte, un passaggio tra passato e presente, quella spazzatura digitale che ci accomuna un po’ tutti ma ha solide radici nel rock e nella disobbedienza.

Le Tracce

L’album, in uscita nel mese di settembre 2018, è annunciato dal singolo “Paranoid Core”, un giro di chitarre definito, con un ritmo incalzante che fa subito ballare, strizzando l’occhio al post punk ma con una patina quasi nostalgica. Con questo singolo di apertura i Mudhoney confermano l’energia innata che li contraddistingue e un forte background culturale.
Sì, siamo tornati e ne abbiamo viste tante, ma ora siamo pronti a farvi ballare ancora.
Per questo motivo “Digital Garbage” è un lavoro sfaccettato, poliedrico, che mette insieme molteplici intenzioni e suggestioni, tutte legate dalla passione di quattro autentici musicisti che hanno ancora molto da dire e tanta voglia di solcare i palchi.
Tra i pezzi segnalo “Nerve Attack”: il titolo è esaustivo di questo brano, che esordisce con una linea piuttosto omogenea, per poi diventare sempre più incalzante e trascinante, proprio come un attacco di nervi che ti prende e non ti abbandona più, facendoti in questo caso ballare al ritmo della musica. Poi “Paranoid Core”: il singolo che presenta l’uscita dell’album, un inno al post punk, ma ben saldo alle radici grunge. Infine “Kill Yourself Live”: una ballata scatenata che rimanda alla new wave, con influenze elettroniche alla Joy Division, attraverso però un cipiglio più scanzonato ed ironico. Un pezzo tutto da ballare che piacerà tantissimo ai nostalgici ma anche ai più giovani che si stanno affinando tra le molteplici vie del rock, tra influenze dark, pop, glam.

PRO

Gli estimatori degli anni ruggenti del grunge di Seattle non potranno non acquistare immediatamente questo nuovo lavoro in studio, magari direttamente sul sito internet dedicato o nei negozi specializzati. Dopo l’uscita di alcuni singoli, si preannuncia di sicuro un album ben fatto, un ponte a cavallo tra sonorità passate e trascorse e quel guizzo di novità che fa però sospirare. È sicuramente un progetto che lascia spazio alla contemporaneità, ma allo stesso tempo impasta, amalgama differenti bagagli musicali, e diverse sensazioni di un passato un pizzico nostalgico.
“Digital Garbage” è il nuovo marcio, la spazzatura dei social network, del digitale, dell’uso sconsiderato dei media. È un album con contaminazioni elettroniche, ma in cui rimane vivida la forza della musica fatta dal vivo, con i giri di chitarra, le “sporcature” volute, qualche bottiglia di birra. È l’album delle feste al Covo di Bologna, o in un qualsiasi altro club dove ballare scatenati fino a mattina.

CONTRO

“Digital Garbage” è un disco per i veri appassionati del grunge e per quelli un po’ nostalgici che amano perdersi nel tempo.
È un lavoro che non piacerà a chi guarda sempre avanti e preferisce non agitare la bottiglia dei ricordi, ma proseguire con sonorità sempre innovative e sperimentali.
Ovviamente, non è consigliato agli ascoltatori di tutta la musica sintetica, dal synth alla tech house, fino alla industrial più pesante.
In sintesi, “Digital Garbage” è un album destinato agli estimatori, a chi ancora spolvera i propri vinili e va alle feste con gli anfibi sporchi della notte prima.

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Album Nick Cave and The Bad Seeds – Distant Sky (live in Copenaghen) EP

albumSi tratta dell’album inciso dell’ultimo tributo al cinema di Nick Cave, il suo concerto a Copenaghen, una delle esperienze più forti ed emozionanti per chi segue il musicista.
Nick Cave, nel progetto cinematografico che lo vede esibirsi live durante la performance nella capitale danese, non è mai stato così empatico con il suo pubblico. In un particolare frame, lo si vede addirittura avvicinarsi ad un fan e permettergli di toccare il suo cuore palpitante, un simbolo di compartecipazione assoluta con tutti i suoi spettatori.
Distant Sky è come un mettersi a nudo, un abbraccio tra terra e cielo, tra uomo e natura, un infinito così distante che si può percepire solo toccando le corde dell’anima, attraverso l’infinita potenza della musica.
L’EP esprime al meglio tutto quel lirismo portato all’estremo e all’estasi, quello stato soprannaturale e celestiale che si genera tra il musicista e il proprio pubblico, su un tappeto musicale divino, quello della band dei The Bad Seeds, assieme a Nick Cave sin dal 1983.

Le Tracce

L’album esordisce con delle ballate, per poi continuare con i brani storici, lungo tutto il percorso della sua carriera.
Nick Cave si siede spesso al pianoforte e traghetta il suo pubblico attraverso suggestioni e ricordi emozionanti, anche con la partecipazione del soprano Else Torp che con lui esegue il brano Distant Sky, un’esperienza eterea, quasi liturgica, che dà il nome all’intero concerto.
Il tour del 2017, in cui Nick Cave si riunisce con la sua band storica, i The Bad Seeds, è il primo dopo il 2015, il tragico anno in cui il musicista perde il figlio quindicenne Arthur in un incidente stradale mortale.
Un periodo in cui l’artista ha elaborato il dolore incidendo il lavoro Skeleton Tree.
Distant Sky è l’apoteosi di un profondo lavoro del lutto: lo stesso Nick Cave dichiara di essere riuscito a sopravvivere a questa sciagura soltanto grazie alla musica e alla vicinanza dei suoi numerosi fan.
Perciò il concerto di Copenaghen è un omaggio all’amore dei suoi sostenitori che lo supportano da 30 anni.
Dopo le ballate e il pianoforte, il concerto si apre, fino a trascinare il pubblico sin sopra al palco. Il classico movimento ondeggiante di Nick Cave è quella calamita che aggancia lo spettatore, durante la visione del film del 2018, diretto da David Barnard; nello stesso modo, l’appassionato che ascolterà l’EP, in uscita a settembre 2018, potrà rivivere le stesse emozioni.
Assieme a Nick Cave, oltre all’istrionico polistrumentista Warren Ellis (con cui ha collaborato per svariate colonne sonore), anche gli altri membri dei The Bad Seeds, copyright di Cave dal lontano 1983.
Tra questi, Thomas Wydler alla batteria, Martyn Casey al basso, Jim Sclavunos alle percussioni e agli effetti, George Vjestica alle corde della chitarra elettrica e , dulcis in fundo, il percussionista Larry Mullins.

PRO

L’EP, è quasi scontato dirlo, è consigliato a tutti i fan di Nick Cave e agli estimatori che lo seguono nella sua pluridecennale carriera.
La bellezza di questo lavoro è l’aspetto emotivo, un viaggio non solo tra differenti sonorità ma anche tra gli stati d’animo dell’artista, tra vita e morte, dannazione e catarsi.
La stessa cover dell’album ritrae Nick Cave che si asciuga il volto, immerso nella folla del suo pubblico, una copertina declinata nei toni del rosso: un’immagine evocativa del lirismo e del misticismo che aleggia lungo tutta la durata della composizione.

CONTRO

L’excursus emotivo dell’artista è una sorta di “per aspera ad astra” impegnativo che può diventare faticoso per l’ascoltatore inesperto.
In sintesi, Distant Sky è un progetto ambizioso e di spessore, adatto ad un momento particolare della giornata, in cui farsi trasportare da determinate melodie e suggestioni a tratti malinconiche, sicuramente non facili.

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Album The Coral – Move Through the Dawn

albumI The Coral sono una band britannica nata sul finire degli anni ’90 nei pressi di Liverpool, città che ha dato i natali a tante altre band Brit pop.
Il sound dei The Coral è una miscela azzeccata tra country d’annata, folk, rock e influenze psichedeliche anni ’60. Il titolo dell’album, che rimanda alle prime luci dell’alba, infonde un senso di freschezza, di rinascita dopo un periodo di silenzio. Un nuovo giorno, da vivere con entusiasmo ma anche con quello spirito un po’ naïf che fa percepire le cose sempre da un lato nuovo, genuino, fresh, senza brama di eccessivi virtuosismi, grida o chitarre distorte, cacofoniche o dissonanti.

Le Tracce

Tra le tracce del nuovo album, i brani “Eyes like Pearls”, “She’s a Runaway” e il singolo che preannuncia il disco, “Sweet Release”.
Molto interessante il videoclip di quest’ultimo brano, un omaggio al balletto psichedelico di “Around the World”, pezzo storico della band elettronica dei Daft Punk.
Dietro ad un gruppo di ballerini colorati ma allo stesso tempo omologati, vestiti con una tuta e coperti da un sacchetto di carta in testa, suonano i The Coral.
Occhiali scuri da sole, attitudine appoggiata, un riff scanzonato di chitarre e batteria che contrasta con la coreografia quasi allucinata dei ballerini/manichini.
Forse è proprio questo che ci dobbiamo aspettare, una miscela di contrasti tra diverse sonorità, ballate, pezzi pop e folk, arpeggi, ritornelli, percussioni, tastiere, il tutto costruito con semplicità, senza mai voler strafare, ma con naturalezza.
Oltre al pezzo funky pop “Sweet Release” che ha preannunciato l’album, sono molto validi i brani “Eyes like Pearls” e “Reaching out for a friend”, con un tappeto musicale leggermente nostalgico e rètro, “Stormbreaker” con il suo spirito più prog e raffinato, “After the Fair” e la sua delicatezza.

PRO

Il nuovo lavoro dei The Coral piacerà sicuramente a chi si aspetta un prodotto fresco, leggero, schietto, onesto e sincero.
Un misto di atmosfere solari e una sorta di “prendersi bene” per le piccole cose che fa fischiettare, senza troppe ambizioni.

CONTRO

Dopo un periodo di silenzi e di sperimentazioni, in cui i The Coral hanno cercato di reinventarsi attraversando sonorità elettroniche, synth e dub, la band è tornata a quello che sa fare meglio, cioè le atmosfere finora descritte, un poco stralunate ma sempre caratterizzate da uno spirito leggero e solare.
Per questo motivo, chi ha ascoltato “Move Through the Dawn” e si aspettava un progetto più spinto e ambizioso, ne è rimasto deluso.

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CONCLUSIONI

Abbiamo presentato tre generi musicali completamente differenti, sia per concept, motivazione e performance finale.
Non è possibile dire con esattezza (e soprattutto è impossibile essere obiettivi) quale sia il progetto più riuscito, ma si può associare uno stato d’animo differente ad ogni tipo di musica.
Distant Sky di Nick Cave e The Bad Seeds, con le sonorità mistiche e liturgiche, è un lavoro quasi onirico, visionario, un climax che porterà ad uno stato emozionante e lisergico. È la musica migliore per un momento rilassante, ma anche per tutte quelle occasioni in cui si desidera rapportarsi con la musica in maniera liberatoria e pulsante, come con un amante o un compagno di bevute.
I Mudhoney sono il gruppo perfetto per una festa, per dei balli scatenati con gli amici, ma anche per svagarsi e liberare i pensieri, come degli adolescenti combattuti.
Infine, il lavoro dei The Coral è la musica da ascoltare dentro al lettore mp3, quando si va a scuola, al lavoro, all’università, la colonna sonora della spensieratezza e della naturalezza.